SUMMER SEA KAYAK EXPEDITION

La Sicilia, con il suo sviluppo costiero di poco più di 1000 Km, è la più estesa isola del Mar Mediterraneo.
Abbiamo già pagaiato in inverno l'arcipelago delle Isole Eolie, in estate quello delle Isole Egadi, più altri piccoli tratti di costa nei dintorni di Trapani, Catania e Palermo.
Ora è arrivato il momento di effettuarne il periplo completo: dal 19 luglio al 22 agosto saremo in navigazione attorno all'Isola.
Le percorrenze medie giornaliere sono stimate in circa 32 Km.
Se volete partecipare, anche solo per un periodo, sarete i benvenuti.
Tatiana e Mauro

mercoledì 12 agosto 2015

Ali Terme - Torre Faro (41 km) + Torre Faro - Rodia (20km)

Lunedì 10 agosto 2015
Una giornata molto bella e molto varia.
Francesco Tirrito ci raggiunge mentre stiamo terminando la prima colazione,
che stamattina è una vera leccornia: granita di caffè con gelato di
pistacchio e brioche (che sono una coppia indissolubile, la brioche
accompagna d'obbligo ogni granita!).
I primi 10 chilometri sono sofferti, almeno per me, tutti controvento lungo
una costa martoriata dal cemento, con case a più piani, colori e stili (?)
architettonici, tutte chiuse tra la ferrovia e l'autostrada (a volte, per
effetto della prospettiva ingannevole, sembra che i camion corrano sui
tetti delle abitazioni...).
Abbiamo però una guida d'eccezione e Francesco ci racconta un mare di cose
sulla sua terra. Resistiamo così agli assalti del vento Canale fino alla
pausa pranzo, che consumiamo all'ombra di una provvidenziale tettoia sotto
la quale presto ritornano i legittimi proprietari: invece di risentirsi per
l'invasione, ci offrono dello zibibbo dolcissimo e la granita di caffè più
buona dell'isola!
Riportiamo a malincuore ma oggi la tappa è lunga: vogliamo arrivare con
Vincenzo fino alla fine dello stretto. La corrente Montante ci aiuta e per
i successivi 20 chilometri filiamo a 4 nodi senza quasi dover pagaiare.
Passiamo il "nuovo" porto di Tremestieri in un soffio e poco dopo siamo già
a Messina: salutiamo Francesco, che contiamo di rivedere presto, e ci
cimentiamo in un "attraversamento creativo" del porto più trafficato ed
articolato che ci sia mai capitato di superare.
Alle sette e mezza di sera, infine, ci apprestiamo ad affrontare gli ultimi
10 chilometri, quando ormai la corrente ha girato e la Scendente entra
nello stretto a 4.9 nodi. Ovviamente in direzione contraria alla nostra
rotta. Sfruttiamo quindi la corrente di ritorno che in ogni ansa fa virare
di 180° le barche all'ormeggio e che ci sospinge verso nord a 3 nodi. La
chiamiamo "navigazione a ricciolo" e proseguiamo pennellando la costa anche
quando scende l'oscurità. L'ultima ora di navigazione, fino alle 21.30, è
la più emozionante di tutte, quella per la quale valeva la pena di fare il
viaggio in Sicilia: lo stretto si accende di tutte le luci possibili, dei
traghetti, dei paesi, dei falò in spiaggia per la notte di San Lorenzo, ad
intermittenza si accendono anche il faro a luce bianca di Scilla, la luce
rossa sulla costa calabrese e quella verde sul versante siciliano.
Ma soprattutto si illumina la torre-faro!
La scorgiamo in lontananza dalla mattina, ora che si avvicina distinguiamo
bene i piloni a fasce bianche e rosse ed ammiriamo quei 236 metri di
struttura metallica, come un meccano gigante costruito per gioco proprio
alla fine dell'isola. Il suo gemello sui monti calabresi non eguaglia la
sua intrigante presenza e pur nella sua mestizia di una "grande opera"
ormai dismessa (i cavi elettrici sono ormai tutti sottomarini) emana
all'intorno un fascino magnetico. Non gli stacchiamo più gli occhi di
dosso, con il calar della sera si accende di luci rosse a diverse altezze e
di più soffuse luci rosse, verdi e blu che si alternano lungo i suoi
quattro piloni inarcati come una piccola Torre Eiffel.
Ci guida nell'oscurita fino al punto di sbarco, ci indica la via sul mare
nero come il petrolio, ci avvisa di ogni ostacolo, diga foranea, barca in
rada, lampare a luci spente che scivolano silenziose nello stretto.
Pagaiamo così, vicini e concentrati, per oltre un'ora, finché non superiamo
tutti i porticcioli di questi luoghi dai nomi accattivanti (Paradiso,
Contemplazione, Pace) e all'apparenza incantati (di notte, perché di giorno
son pieni dei soliti "ospedali psichiatrici"!).
È una navigazione memorabile ed emozionante, che chiude una giornata lunga
e piena!
Nel luogo concordato con Marco, Laura ed Andrea vediamo accendersi le
lucine frontali scelte come segnali di riconoscimento, ci chiamiamo a gran
voce e corriamo felici ad abbracciare i nostri amici: festeggiano
l'incontro con una cena luculliana innaffiata dalla birra più buona di
sempre...

Martedì 11 agosto 2015
Siccome continuiamo tutte le sere a far bagordi, cenare fuori e tirare
mezzanotte, io stamattina mi sento uno straccio. Neanche due granite di
caffè con la panna e relative brioche d'ordinanza riescono a farmi prendere
il via.
Sono anche molto triste: Vincenzo se ne va.
Lui che era sempre l'ultimo a coricarsi ed il primo a svegliarsi, il più
veloce a smontare il campo e a pagaiare in qualsiasi condizione (tanto da
meritare l'appellativo di Caterpillar), lui che è fuori di dubbio il più
bel kayaker del Mar Mediterraneo Meridionale, da oggi ci priva della sua
compagnia gioiosa, delle sue battute sagaci e delle sue capriole
acrobatiche ad ogni imbarco (o quasi!). Richiamato a Palermo da impegni di
famiglia e di lavoro, mi aveva promesso un traino che proprio oggi, così
cotta dalla stanchezza e dall'ormai cronica mancanza di sonno, avrei
gradito davvero molto volentieri.
Invece Vincenzo scrive sulla sabbia la parola fine a questo suo "cateto" di
Sicilia Kayak Tour 2015 e passa le consegne ad Andrea, che prosegue con noi
il viaggio fino a Palermo.
E che, da par suo, inizia col botto: appena doppiata la torre-faro, bella
anche di giorno, lampi e tuoni ci accolgono sul versante tirrenico e ci
"scortano" fino a Acquerone (un nome, un karma), dove ci raggiunge un
acquazzone di quelli che fanno male sulla pelle, per come le gocce di
pioggia scendono in picchiata a pungere il viso e le braccia nude.
Un'altra spettacolo della natura, che ci fa sentire piccoli piccoli ma vivi
vivi. A me sono sempre piaciuti tantissimo i temporali estivi, arrivano ad
interrompere la calura afosa e regalano una nota diversa alla stagione.
Guardarli dal mare, con una visualedi 360°, è... elettrizzante ed
indimenticabile.
Ad un certo punto il mare diventa tutto bianco, non più soltanto per le
ochette che hanno lasciato il posto alle pecorelle, accompagnate da qualche
vigoroso cavallo di razza, ma anche perché ormai l'acqua che scende a
scrosci dal cielo nero solleva colonne d'acqua che rendono la distesa
marina un grande giardino fiorito...
Sentiamo freddo: sembra un tempo scozzese, quattro stagioni in un giorno.
Troviamo rifugio nei pressi di una massicciata di protezione di una delle
solite brutte ville sul mare e continuiamo a goderci lo spettacolo del
temporale dall'interno di un casotto per gli attrezzi, dove consumiamo
anche un lauto pranzo. Quando però ricominciano a battere i denti dal
freddo, capiamo di dover tornare in acqua (che è ancora "acqua sopra e
acqua sotto"!) e siccome sbaglio il tempo di risalita in kayak, un bel
frangente mi allaga il pozzetto e per qualche centinaio di metri, fino ad
uscire dalla zona critica, mi sento intrappolata in un sommergibile... Mi
ci vuole mezz'ora piena per vuotare e recuperare galleggiabilità, con
Andrea che mi zattera e Mauro che mi da man forte con una seconda pompa di
sentina...
Il mare ha cambiato colore, odore e consistenza, ora è diventato di un
preoccupante color caffellatte, ricoperto di detriti (stavolta la plastica
lascia il posto a legni, canne e pomici) ed ovunque aleggia un
inconfondibile odore acre di... fogna.
Non reggo oltre, ho esaurito tutte le mie (ormai scarse) energie, chiedo
una pausa.
Mauro mi accontenta e sceglie il riparo della prima diga frangiflutti di Rodia.
Sbarchiamo prima del solito, che non sono neanche suonate le sei di
pomeriggio, aiutiamo i pescatori del luogo a svuotare dall'acqua piovana le
loro imbarcazioni ed in cambio otteniamo di poter montare le tende tra i
loro cingolati con le benne, usati per varare le barche (e forse anche
spianare la spiaggia dopo ogni mareggiata o... alluvione) in un modo che mi
incuriosisce sempre di più.
Ma sto crollando dal sonno, non faccio altre domande e alle otto di sera
sono già in tenda, anche se gli altri smaniano per andare a bere una birra:
voglio dormire 12 ore filate, e pazienza per il blog, pubblicheremo
domattina...

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